Vipera pythia, id est De vipera natura, veneno, medicina, demonstrationes, & experimenta nova

Marco Aurelio Severino, Vipera pythia, id est De vipera natura, veneno, medicina, demonstrationes, & experimenta nova, Padova, Frambotto, 1651.

Figlio di un avvocato, Marco Aurelio Severino, originario di Tarsia, Cosenza, studia a Napoli, dapprima Diritto, quindi Medicina. Segue, tra le altre, le lezioni di filosofia di Tommaso Campanella (1568-1639), attraverso il quale conosce la filosofia antiaristotelica di Bernardino Telesio (1509-1588). Dopo la laurea in Medicina presso il Collegio medico di Salerno nel 1606, esercita la professione nella città natale, quindi nel 1608 fa ritorno a Napoli per studiare chirurgia con Giulio Jasolino (circa 1538-1622). Dal 1622 al 1645 è lettore di chirurgia e anatomia all’Università di Napoli e chirurgo capo presso l’Ospedale degli Incurabili della città. La fama di Severino è legata sia alla sua attività di abilissimo chirurgo, che all’essere stato il pioniere dell’anatomia comparata.

Incisore

  • Giovanni Georgi: Giorgi aveva già inciso nel 1647 l’antiporta del Syntagma anatomicum di Johann Vesling (1598-1649), fortunato manuale di anatomia che recepisce per primo la scoperta della circolazione del sangue di Harvey e inciderà, su disegni di Angelo Carleschi da Pordenone, le nove tavole di corredo alle Opere chirurgiche di G. Fabrizi d’Acquapendente, stampate a Padova nel 1671 da Matteo Cadorin.

Vipera pythia è un’opera erudita di Marco Aurelio Severino (1580-1656), scienziato nativo di Tarsia, che trascorse gran parte della sua vita a Napoli, dove esercitò l’attività di chirurgo presso l’Ospedale degli Incurabili. Favorevole a un metodo radicale ed efficace in chirurgia, fu accusato nel 1634 dai colleghi medici di crudeltà nella pratica, allontanato dall’Ospedale e imprigionato. Contemporaneamente l’Inquisizione aprì un’inchiesta per irreligiosità a suo carico, ma le accuse si risolsero a suo favore. Nel 1642 poté riprendere la professione, che esercitò finché non fu colpito dalla peste.

Vipera pythia testimonia la varietà degli interessi di Severino, autore di saggi e studi nel campo della medicina, dell’anatomia comparata, delle scienze naturali e della letteratura e protagonista di un ricco scambio epistolare con illustri medici e scienziati, incluso William Harvey (1578-1657), dal quale ricevette in dono una copia del De motu cordis. Stampata a Padova, con il corredo di due lettere di Johann Vesling (1598-1649), di una lettera di Giovanni Battista Hodierna (1597-1660), intitolata De dente viperae virulento, di una exercitatio sugli antidoti al veleno della vipera di Giovanni Battista Capucci, di una lettera di Severino a Thomas Bartholin (1616-1680) e di epigrammi, tra gli altri, di Fortunio Liceti (1577-1657) e Johann Rhode (1587-1659), l’opera contiene osservazioni, inframezzate da digressioni e citazioni letterarie, sulla vipera e sulla natura e le proprietà medicinali del suo veleno. Il tema è caro alla cultura medica, perché la carne essiccata di vipera era un ingrediente primario della teriaca, preparato farmaceutico utilizzato dall’antichità fino alla fine dell’Ottocento come antidoto ai veleni e nella cura di molti mali.

La singolarità di quest’opera sta nel trattamento degli aspetti simbolici, mitologici e anche occulti del tema del Serpente, richiamati anche dalla presenza della parola pythia (oracolo di Apollo) nel titolo e nelle illustrazioni che accompagnano le sue osservazioni, tutte incise da Giovanni Georgi, nome italianizzato di Johann Georg, artista tedesco attivo in area veneta nel XVII secolo. In antiporta calcografica, nei cerchi disegnati dalle spire di due coppie di serpenti, che congiungono la bocca alla coda, cornice che rimanda all’uroburo, simbolo dell’avvicendarsi della vita e della morte, sono raffigurati personaggi mitologici e significati legati al Serpente. Ciascun “medaglione” è accompagnato da un motto latino. Sacro ad Apollo e ad Atena, legato a Ippocrate, padre fondatore della medicina, il serpente è attorcigliato attorno al bastone del dio greco Asclepio (Esculapio per i Romani). Creatura legata alle profondità della terra e all’acqua, alle cui nascoste energie attinge, il serpente custodisce e protegge la conoscenza della vita e rappresenta la saggezza, che si fa strada dall’oscurità verso la luce. Il cambio di pelle (muta) simboleggia il passaggio dal sonno al risveglio, la morte iniziatica, la rigenerazione e la guarigione. Nel suo veleno la vipera possiede la morte e la salute. Utilizzato come il bastone di Asclepio è il caduceo alato con due serpenti avvolti a spirale, associato al dio greco Ermes (Ermete-Mercurio), il messaggero degli dei. Il caduceo rappresenta lo strumento per dirimere le liti e, in quanto simbolo di concordia, onestà e salute, era utilizzato dagli araldi e dagli ambasciatori. Oggi sia il caduceo che il bastone sono entrambi simboli delle arti sanitarie.

Libro conservato presso: Polo 4 - Biblioteca di Medicina e chirurgia, Farmacia, Collocazione Fondo di Fisiologia - Armadio Aducco

Bibliografia

  • Trabucco O., Relazioni epistolari, “peregrinationes academicae”, collaborazioni editoriali tra Napoli e Padova: il caso di Marco Aurelio Severino, in “Libertas philosophandi in naturalibus”, a cura di S. Ferretto, P. Gori, M. Rinaldi, Padova, CLEUP, 2011, p.281-296.
  • Trevisan L., Zavatta G., Incisori itineranti nell’area veneta nel Seicento: Dizionario bio-bibliografico, Verona, Università di Verona, 2013
icona libro digitaleCopia digitale, Internet Archive, originale della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma

Scheda del libro nel catalogo di Ateneo (OneSearch)